Giovedì 12 Dicembre 2024
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Lo studio, commissionato da Unioncamere Sicilia a Uniontrasporti, e condotto con il supporto tecnico scientifico di Openeconomics, presenta costi e benefici dell’opera per il sistema Paese
Il Ponte sullo Stretto produrrà nel tempo benefici economici e sociali ben superiori ai suoi costi. È quando dimostra l’analisi Costi-Benefici (ACB) condotta da Uniontrasporti con la consulenza tecnico scientifica di Openeconomics e svolta utilizzando le linee guida prescritte dall’Unione Europea. I vantaggi apportati dall’infrastruttura, al netto dei suoi costi, vengono espressi in termini monetari mediante il VANE (Valore Attuale Netto Economico), e risultano positivi per più di 1,8 miliardi di euro, con un rapporto benefici costi di 1,2. Questo è, in sintesi, l’impatto che il Ponte sullo Stretto potrà portare sull’ecosistema economico e sociale italiano, calcolando i vantaggi per il tessuto produttivo e turistico di tutta l’area, per la logistica, il traffico passeggeri e merci, al netto dei costi sostenuti dal sistema paese. Già durante la fase cantieristica l’opera sarà in grado di apportare un contributo di 23,1 miliardi al PIL, creare 36.700 posti di lavoro stabili e alimentare con 10,3 miliardi complessivi di euro le entrate fiscali nelle casse dello Stato.
Lo studio, commissionato da Unioncamere Sicilia a Uniontrasporti e Openeconomics è stato presentato oggi, 26 novembre, a Roma, alla presenza, tra gli altri, del Vicepremier e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, in un convegno sugli impatti sociali, economici e ambientali generati dal Ponte sullo Stretto di Messina
Lo studio analizza, seguendo i principi guida dettati a tal fine dalla Comunità Europea, i costi e i benefici generati da una delle opere più importanti previste dal piano di investimenti infrastrutturali del Governo nell’ambito della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) e, in particolare, del completamento del corridoio “Scandinavo-Mediterraneo”. Lo studio valuta la solidità delle sue conclusioni sottoponendole ad un’analisi di sensitività, tenendo cioè conto delle possibili variazioni nel tempo, anche in negativo, dei vari parametri utilizzati. E sottopone l’opera anche ad un’analisi del rischio economico che è risultata positiva nel 70% dei casi, evidenziando un grado di rischiosità assolutamente non elevato, e comunque attenzionato.
“Oltre 70 anni fa, nell’agosto del 1953, la Camera di Commercio di Messina organizzò un convegno dedicato al Ponte sullo Stretto che, perorandone la necessità, chiamò a raccolta illustri personalità del mondo politico nazionale e regionale insieme a tecnici e ingegneri di fama internazionale – ha ricordato durante il convegno Ivo Blandina, nella sua triplice veste di presidente della CCIAA di Messina, vicepresidente vicario di Unioncamere Sicilia e presidente di Uniontrasporti. - Oggi le conoscenze scientifiche, le tecnologie, il crescente livello di infrastrutturazione del territorio, reso possibile dagli ingenti investimenti del Governo, e i tempi, che allora non erano forse ancora maturi, ci spingono a scartare l’opzione zero e a considerare seriamente i benefici che la realizzazione di questo collegamento stabile recheranno al tessuto sociale, economico e produttivo, non soltanto di Messina e della Sicilia, ma dell’intero sistema Paese. Lo studio presentato oggi – ha concluso Blandina – lo dimostra con efficacia. Quindi che tutto sia fatto nel pieno e ineludibile rispetto dell’ambiente e della sicurezza, ma che sia fatto.”
“Il Ponte rappresenta il ritorno alla realizzazione di un’infrastruttura nazionale dopo moltissimi anni dall’ultima, significativa infrastruttura realizzata: l’Alta Velocità”, ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. “E’ il segnale di un Paese che non insegue più le logiche di manutenzione e di ammodernamento, peraltro necessarie, ma rappresenta la ripartenza di una comunità economica e sociale. Una comunità capace di progettare e realizzare nuove opere per garantire la crescita di un Paese, superando quella separazione geofisica di oltre 3 chilometri, che oggi costa alle imprese una sorta di dazio permanente”.
Nel corso del convegno è stato illustrato come l’analisi dell’impatto del cantiere abbia evidenziato la rilevanza dell’opera per l’economia italiana anche nel corso della sua realizzazione. Oltre a Calabria e Sicilia, direttamente interessate dalla costruzione, i maggiori benefici in termini di PIL si avranno in Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna e Veneto grazie all’attivazione di catene di fornitura presenti sui relativi tessuti produttivi. Mentre saranno manifattura, costruzione e servizi alle imprese i settori maggiormente attivati dal maxi-cantiere, con un forte indotto indiretto sui servizi alle persone e quelli diretti alla Pubblica amministrazione. Già in questa fase il gettito di entrate fiscali atteso nelle casse dello Stato è pari a 10,3 miliardi di euro che si tradurranno in spese e servizi a favore della collettività.
A fronte di un investimento attualizzato pari a 9.083 milioni di euro, i benefici complessivi dell’opera a regime sono stati calcolati in 10.931 milioni di euro, con un valore economico netto (VANE) a favore del sistema paese pari a 1.848 milioni di euro.
Nell’analisi i costi di investimento e di gestione sono stati trasformati, in linea con quanto previsto dalle Linee Guida Operative europee, in costi economici attraverso l’utilizzo di «prezzi ombra» che depurano i valori finanziari dalle imperfezioni di mercato. Inoltre tutti i valori – sia i benefici che i costi - sono espressi in valore attuale, tenendo cioè conto dell’effetto tempo, mediante l’applicazione di un tasso di sconto sociale del 3%, fissato dall’Unione Europea, spalmato nell’arco temporale dei trenta anni di gestione dell’infrastruttura da parte della Società Stretto di Messina.
L’analisi costi-benefici ha preso in considerazione, tra le diverse voci valutate, il valore del tempo risparmiato per l’attraversamento dello Stretto per passeggeri e merci, la riduzione dei costi operativi prodotto dal collegamento stabile, il risparmio di costi esterni dovuto all’abbassamento delle emissioni inquinanti, il valore delle opere di mitigazione e anche, come unico fattore negativo, l’aumento dell’incidentalità - oggi inesistente - dovuto all’utilizzo della modalità stradale rispetto alla navigazione marittima.